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Il pranzo di Natale in Calabria

Il pranzo di Natale in Calabria

Il trionfo della tradizione e genuinità in tavola

La Calabria, una regione meravigliosa racchiusa tra due mari, terra baciata dal sole che regala al lavoro dell’uomo nelle campagne, dei prodotti unici dal sapore inconfondibile. La cucina calabrese è un mix tra la tradizione di contaminazione pagana e solennità religiosa, un connubio giunto fino ai giorni nostri derivato da una storia lunga 3 mila anni. L’evento per eccellenza che offre la possibilità di cogliere al meglio il risultato dell’intreccio tra sacro e profano a tavola, è sicuramente il Natale. Decidere di trascorrere questa festività in Calabra, significa avvolgersi in un clima familiare, festoso e ricco di spiritualità. Chi si raccoglie intorno al desco per il pranzo del 25 Dicembre deve in primis mettere da parte ogni attenzione per la propria linea poiché come vuole la tradizione, per questo evento sono riservate tutte le buone ricette e gran parte dei dolci decisamente ipercalorici. Un’usanza molto radicata e chiaramente legata alla superstizione e all’atmosfera propiziatoria caratteristica delle feste, vuole che le portate a da mettere in tavola siano tredici e ovviamente, la carne la fa da padrona. Tradizionalmente, era solito mangiare la pasta al forno fatta con uova, salsiccia e la tipica soppressata. Questo primo piatto, in un’epoca in cui gli antipasti non erano poi così importanti, era seguito da polpettine, capretto contornato da patate, legumi, carne di maiale e ortaggi, principalmente legumi. Quando le famiglie che si riunivano intorno alla tavolata del giorno di Natale, erano troppo povere da potersi permettere un pranzo luculliano a base di carni pregiate, ci si accontentava di uccellini e altri piccoli mammiferi derivati da una caccia condotta alla meno peggio nelle campagne. Sempre in un periodo lontano, le fritture e frittelle di pesci e paste erano quel tocco in più capace di rendere speciale il pasto, un momento di gioia e riunione attorno ai fornelli, tanto che era preceduto da una sorta di rito dal sapore quasi cerimoniale, dato che il primo pezzo di pasta doveva essere fritto dall’uomo di casa dopo averlo segnato con una croce immaginaria, a mo’ di ringraziamento verso il Signore per aver concesso la grazia di cibarsi di una tale prelibatezza. Secondo un’altra versione i questa tradizione, lo stesso pezzo di pasta veniva dato in pasto al cane o al primo randagio che passava, mentre, ben più ricco di superstizione era il gesto di dare la forma di Gesù bambino alla pasta e a seconda del risultato a cottura ultimata, si cercava di prevedere gli eventi che avrebbero accompagnato la famiglia durante il nuovo anno alle porte. Infine, non potevano mancare i dolci, e come sempre, i più poveri si arrangiavano come potevano, sostituendo gli ingredienti più pregiati con altri più facilmente reperibili.

Il Natale in tavola Calabrese ai giorni nostri

Ancora oggi, la tradizione in Calabria di servire per il pranzo di Natale la pasta al forno e le polpettine, è rimasta, ma ciò che si è aggiunto, sostituito o la fa da contorno, è ben lungi dai tradizionali piatti poveri. Ai giorni nostri il pranzo non inizia dai primi piatti, bensì dagli antipasti, tra i quali regna incontrastata la Nduja, accompagnata da crespelle ripiene, salumi DOP, pecorino crotonese e caciocavallo silano. A seguire, la caratteristica fondamentale e imprescindibile dei primi piatti è che siano preparati con la pasta fresca fatta in casa, cucinata poi nei modi più disparati, dai “maccaruni” alle fettuccine. Per quanto riguarda i secondi piatti, anche se non si può negare che la carne sia la regina incontrastata, tra cappone, tacchino, maiale e capretto al forno con erbe selvatiche e patate, è possibile che venga preparato e servito anche qualche piatto a base di pesce, come lo “stocco con la ‘ghiotta” accompagnato da un sughetto di olio, cipolla, pomodori, olive, capperi e uvetta. I contorni, che spesso sono una portata “cuscinetto” in quanto sono l’unica alternativa ipocalorica alla miriade di piatti ipercolesterolemici, di solito sono capitanati da broccoli alla calabrese e tutti rigorosamente piccanti. Dulcis in fundo, letteralmente parlando, non c’è che da sbizzarrirsi e perdere la testa tra la quantità di dolci serviti e l’impronunciabilità dei loro nomi per chi non fosse autoctono calabrese. Secondo la tradizione, addirittura si inizia già cinque giorni prima del Natale a prepararli. Gli ingredienti più ricorrenti sono i fichi, le noci, il miele e l’olio. Oltre ai dolci a base di cedro e bergamotto, è uso preparare i Quazunìelli (calzoni ripieni di uvetta, noci, mosto e cannella), i Turdiddri ( gnocchi fritti a base di farina olie e anice, ricoperti di miele di api e fichi), i fichi a crocetta ricoperti di cioccolato, i torroncini e tanti altri. Insomma, già solo leggendo di queste delizie dovrebbe esservi salito l’appetito, non siete anche curiosi di provarle?

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